VIVERE SANI E MANGIARE SENZA GLUTINE

VIVERE SANI E MANGIARE SENZA GLUTINE

 

Il Glutine è una proteina presente in alcuni cereali, come frumento, orzo e farro, e nei loro derivati, quindi nella maggior parte dei prodotti da forno, dolci e salati. Ha la caratteristica di donare elasticità e viscosità agli impasti e di far lievitare i prodotti da forno, facendo incamerare l’anidride carbonica dei lieviti all’interno della maglia glutinica. Queste sue caratteristiche la rendono una sostanza molto usata nell’industria alimentare, proprio per la sua funzione tecnologica, e che si può ritrovare anche in prodotti insospettabili, come le salse, le confetture e gli insaccati.

Le persone che manifestano intolleranza al glutine, ipersensibilità al glutine (Gluten Sensitivity) o celiachia devono eliminare il glutine dalla loro alimentazione, scegliendo alimenti che non lo contengono. In sostituzione vi sono numerosi cereali che per natura non possiedono glutine, dai quali si ottengono farine utili alla panificazione e alla creazione di dolci. Queste farine sono spesso miscelate tra loro, a livello domestico o industriale, per unire le loro caratteristiche e ottenere una resa perfetta e dei prodotti che si avvicinano a quelli convenzionali sia per gusto sia per aspetto. Per il pubblico del senza glutine si trovano in Italia numerosi prodotti gluten free, anche biologici o artigianali e quindi la dieta senza glutine può essere varia, sana ed equilibrata.

Proprio come visto fino a ora, è ampia l’importanza del problema dell’alimentazione nella vita e nella salute dell’uomo e l’interesse generale per le intolleranze alimentari s’inserisce appieno in questo contesto.

L’intestino è un organo antico, definito il nostro “secondo cervello” proprio perché ha connessioni molto profonde e complesse con il resto dell’organismo. Ha bisogno di molto tempo per adattarsi ai mutamenti di ciascuno (pensiamo poi ai mutamenti di un’intera società!).

Negli ultimi decenni i casi di intolleranza alimentare sono aumentati di numero e questo è dovuto, tra gli altri motivi, al modificarsi dell’alimentazione e della produzione alimentare che hanno reso il nostro sistema immunitario sempre più vigile e sensibile. Le ragioni di questa incidenza possono essere individuate anche in altri fattori, tra cui lo sviluppo di una tecnologia agricola e di una industriale che hanno notevolmente cambiato la qualità degli alimenti disponibili sul mercato, perché si è andati a intervenire in modi nuovi sulla selezione dei semi, sull’alimentazione degli animali e sul trattamento di piante e terreni. Di pari passo con questi aspetti vi è l’accresciuto consumo di prodotti semi-lavorati o industriali, già pronti all’uso, dettato dall’abitudine, sempre più diffusa, di non dedicare abbastanza tempo alla preparazione dei cibi a partire da alimenti freschi.

Quando si parla d’intolleranza alimentare si parla di escludere dalla propria alimentazione alimenti ben precisi, perché il nostro sistema immunitario o digestivo non li tollera. A livello etimologico, si dice “tolleranza” quella qualità che consente di accettare idee e atteggiamenti diversi dai propri o si dimostra comprensione per errori e difetti altrui; si tratta di un termine che trova applicazione nella sociologia, nella cultura e nella religione. Nel caso delle intolleranze alimentari, a un certo punto della vita, è l’organismo a dire di No a un alimento o a un gruppo di alimenti, attraverso sintomi diversi, ma in ogni caso poco piacevoli, in grado anche di compromettere la normale qualità vita di una persona. Questo porta spesso a una diagnosi che arriva come acqua quando si ha sete e rinfranca da un percorso disseminato di dubbi e timori, talvolta anche di lunga durata. Ha inizio così un percorso di scoperta alimenti da escludere, alimenti che si possono ancora mangiare e alimenti da sostituire. Un viaggio in cui non si può più sedere a tavola mangiando ciò che capita, fare la spesa a occhi chiusi e nel quale occorre, in molti casi, anche spiegare e raccontare agli altri la propria condizione (ma non ci eravamo seduti solo per mangiare??). Ciò che presto si capisce è che occorre tenere alta l’attenzione, anche se si è tra amici e persino a casa propria, e che la condizione di esclusione di un alimento è anche l’occasione per saperne di più e per dare all’intolleranza una dimensione non solo medica ma anche culturale. Coloro che devono sottostare a delle restrizioni alimentari e seguire una dieta particolare hanno anche l’occasione di prendere maggiore consapevolezza nel rapporto con il cibo e di conoscerne profondamente la valenza. Come abbiamo già visto, un consumatore critico e accorto, è in grado di scegliere per sé i prodotti più giusti e di restare distaccato da dinamiche paludose che sedano il buonsenso di ciascuno e sono in grado di stordire il concetto di benessere. Se il consumatore comune è orientato alla scelta da sole questioni di gusto personale, il consumatore intollerante dialoga costantemente con il cibo e con il proprio corpo. È un consumatore più attento e consapevole, meno schiavo delle pubblicità e mai dimentico che al centro dell’esperienza di acquisto c’è lui.

Mangiare senza glutine

Gli alimenti che è possibile consumare sono molti e costituiscono una base alimentare sana ed equilibrata. In un’alimentazione senza glutine è possibile consumare alimenti tal quali, come carne, pesce, verdure, latte, legumi e frutta; su di essi, come per l’acqua, non è indicata l’indicazione “senza glutine” perché è scontato che non lo contengano.

I cereali senza glutine sono molti e consentono di realizzare pane, pizza, pasta e dolci che nulla hanno da invidiare a quelli convenzionali; nelle prossime pagine li elencheremo nel dettaglio.

Contengono invece glutine altri cereali (frumento/grano, farro, orzo, avena, segale, monococco, Kamut®, spelta, triticale) e le relative farine. Va da sé, inoltre, che anche i prodotti che li contengono non possono essere consumati in caso di intolleranza al glutine.

Per gli alimenti che non rientrano nelle categorie citate, invece, come salumi, confetture, salse, ecc., ci vengono d’aiuto le diciture di legge, che vanno a segnalare i prodotti idonei e che indicano che il glutine eventualmente presente sottostà ai limiti di tolleranza previsti. Si tratta del Bollino del Ministero della Salute che è presente sui prodotti senza glutine che sono appositamente formulati per i soggetti intolleranti come alternativa ai comuni alimenti caratterizzati dalla presenza del glutine (pasta, pane, ecc,). Questi sono alimenti iscritti nel Registro Nazionale dei prodotti destinati a un’alimentazione particolare, erogabili a carico del Servizio Sanitario Nazionale; gli alimenti presenti in questo Registro possono o meno riportare il logo del Ministero della Salute sulla confezione (a discrezione dell’azienda).

La dicitura “senza glutine” in etichetta è un’indicazione volontaria che le aziende possono scegliere di inserire per indicare l’assenza di glutine nei prodotti, certificata tramite appositi esami di laboratorio. Attesta l’assenza di glutine e quindi l’idoneità del prodotto.

La presenza di un prodotto nel Prontuario degli alimenti senza glutine dell’Associazione Italiana Celiachia oppure la presenza sulla sua confezione del simbolo della spiga barrata segnalano anch’esse l’assenza di glutine nel prodotto quindi la sua idoneità.

Cereali senza glutine

Per cereali s’intendono diverse specie di Graminacee di cui per la ricchezza di amido e di proteine, si utilizzano i frutti. Le spighe che raccolgono i frutti sono la forma più frequente, ma si possono trovare anche le pannocchie, come nel caso del mais. Nel corso della storia, i cereali, come farro, frumento, avena, segale, mais e riso, hanno rappresentato il principale sostentamento per numerose civiltà (il grano nell’area mediterranea, il miglio in Africa, il mais in America e il riso in Oriente).

Nel corso del tempo il consumo di alcuni cereali è andato scemando, specie di quelli propri delle comunità contadine, che si sono ridotte e spostate verso la città. L’industria alimentare ha reso disponibili i cereali in molte forme, che oggi vanno dai cereali per la prima colazione alle torte confezionate, selezionando tra i diversi cereali quelli meno difficili da lavorare, con la maggior resa e più facili da conservare. In qualche modo si è creato nel consumatore un nuovo gusto, nato tra l’offerta degli scaffali, che spesso non è riuscito a prescindere dal cereale che dà un pane chiaro o dall’idea che si parli del caro vecchio grano.

Negli ultimi anni, complici anche i tanti casi di intolleranza alimentare al frumento e al glutine, si sta assistendo a una controtendenza, lenta anche se ci auguriamo inesorabile. Il consumatore, sempre più consapevole, sta chiedendo cereali “alternativi” e ricerca l’integrale nei prodotti, le fibre, e a ragione.

Il consumo quotidiano di cereali integrali, infatti, può ridurre di molto il rischio di malattie coronariche e apportare all’organismo importanti sostanze nutritive. Si tratta di alimenti fondamentali per l’alimentazione, che forniscono un elevato apporto di carboidrati, proteine, zuccheri, vitamine e sali minerali; è nella parte esterna del chicco, detta generalmente “crusca”, che si concentra la parte nutrizionalmente più interessante dei cereali.

Purtroppo la tendenza del mercato è stata a lungo solo quella di presentare cereali e farine bianche, privati appunto della parte grezza; quest’ultima, infatti, è la parte più deteriorabile e mantenerla nel prodotto va controtendenza rispetto a un mercato che vuole confezioni che durino molto, davvero, molto a lungo in dispensa.

Al tempo stesso, restiamo lucidi nella ricerca di un benessere reale, è proprio nella parte esterna del chicco che maggiormente si concentrano i residui da trattamenti chimici; per trarre il massimo beneficio dai cereali, quindi, è importante che siano integrali e provengano da coltivazioni biologiche, che prediligono appunto l’impiego di sostanze naturali per trattare i terreni e non prevedono l’impiego di fertilizzanti e pesticidi di origine chimica.